Sono chiuso per il coronavirus. Posso interrompere il pagamento dell’affitto?
A seguito della pubblicazione del DPCM del 9 marzo 2020 molte attività commerciali sono state costrette a chiudere temporaneamente o a limitare di molto la loro operatività.
Da qui la domanda: non potendo utilizzare il locale perché sono costretto a rimanere chiuso, posso interrompere o ritardare il pagamento dell’affitto?
La risposta va ricercata in prima battuta all’interno singoli contratti. Le parti, infatti, potrebbero aver avuto l’accortezza di prevedere in anticipo le conseguenze derivanti da una alterazione del loro rapporto derivante da una causa loro non imputabile, quale l’insorgenza di una pandemia. Nella più che probabile ipotesi che questo non fosse avvenuto, sarà necessario rifarsi alle norme generali sui contratti, con tutte le conseguenziali incertezze derivanti dalla interpretazione delle stesse e dalla eventualità di rimettere il proprio destino nelle mani del Giudice chiamato a decidere sulla controversia, laddove questa arrivasse in Tribunale.
Le norme che possono essere prese in considerazione sono:
- Articolo 1256 c.c.: (Impossibilità definitiva e impossibilità temporanea). L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile. Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento. Tuttavia l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla.
- Articolo 1467 c.c.: (Contratto con prestazionicorrispettive). Nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’art. 1458. La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto. La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto.
Relativamente all’art. 1256 c.c. deve essere sottolineato che la norma, al primo comma, parla di estinzione del rapporto quando la prestazione (in questo caso il pagamento dell’affitto) diventa definitivamente impossibile. Se il debitore, quindi, dovesse riuscire a dimostrare che la chiusura momentanea dell’attività, determinata dal provvedimento governativo, è stata causa dell’impossibilità definitiva della prestazione vedrebbe concluso il suo contratto e dovrebbe restituire l’immobile. Il secondo comma, invece, esonera il debitore dalla responsabilità per il ritardo nella prestazione (ritardo nel pagamento dell’affitto) nel caso in cui la prestazione sia divenuta solo temporaneamente impossibile. La difficoltà, anche in questo caso, sta nella dimostrazione della impossibilità perché la Cassazione afferma che la impossibilità va intesa in senso assoluto ed oggettivo, nel senso che la prestazione deve essere impossibile per tutti e non divenuta impossibile solo per il debitore che, ad esempio, non può invocare l’impossibilità adducendo di non avere i mezzi economici per adempiere. Al riguardo, però, deve essere anche considerato quanto disposto dall’art. 91 del decreto “Cura Italia” il quale (intervenendo sul precedente decreto del 23 febbraio scorso) chiarisce che va sempre valutata la necessità di rispettare le misure di contenimento per escludere la responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.
Anche l’art. 1467 c.c. non sembra garantire al conduttore la possibilità di operare in autonomia una sospensione o riduzione del canone di locazione. Questo perché la norma, nel caso in cui la prestazione (sempre il pagamento dell’affitto) sia divenuta eccessivamente onerosa riconosce il diritto al debitore (sempre il conduttore) di chiedere esclusivamente la risoluzione del contratto. A fronte di questa richiesta sarà il creditore (il locatore nel nostro caso) a poter impedire la risoluzione offrendo di modificare i termini dell’accordo.
La questione sottoposta è di particolare interesse ed avrebbe meritato una trattazione molto più approfondita.
Al termine di questo sommario esame, però, possiamo dire che il conduttore non ha la certezza di poter legittimamente interrompere il pagamento dei canoni di locazione sino al momento in cui cesserà la situazione emergenziale e che il suo comportamento, nella eventualità in cui non vi fosse un accordo con il locatore, potrà essere oggetto di valutazione da parte del Tribunale.
Il conduttore ed il locatore, però, potrebbero sfruttare l’occasione per rivedere i termini dell’accordo con reciproco vantaggio. Da una parte, infatti, si potrebbe ottenere una dilazione dei pagamenti scaduti o una riduzione del canone concordato e dall’altra si potrebbe ottenere l’inserimento di clausole a salvaguardia della proprietà per eventi prima neanche lontanamente ipotizzabili.
Questo potrebbe essere ottenuto grazie all’iniziativa del conduttore. E’ consigliabile, infatti, comunicare formalmente al proprietario dell’immobile la propria impossibilità al pagamento dell’affitto (inviando una lettera raccomandata o una pec), motivando la momentanea sospensione dei pagamenti con la chiusura dell’attività imposta dai provvedimenti governativi e con la conseguente riduzione del fatturato.